La vergogna del mondo

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Prima nazionale: 27 gennaio 2011, Teatro Odeon – Reggio Calabria
Giornata della Memoria per le vittime dell’Olocausto

Con Matteo Romoli e Teresa Timpano
Regia e drammaturgia Giampiero Cicciò
Contributi Video Antonio Melasi
Regista assistente Francesco Guarnaccia
Foto di Scena Giuseppe Condemi

La memoria della Shoah non appartiene solo al popolo ebraico. Gli orrori del Nazismo sono stati vissuti anche da altre persone ritenute inferiori o dannose per la società: slavi, nomadi, omosessuali, Testimoni di Geova, portatori di handicap (fisico o mentale), comunisti, oppositori politici del nazionalsocialismo, pentecostali…
Si tratta cioè di uno spaventoso momento della Storia che, usando una frase di John Donne, si può riassumere con queste parole: “La vergogna del mondo”. “Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo”, scrive Primo Levi. E’ dunque necessario, fondamentale “ricordare”: senza memoria non può esserci futuro.

Siamo tutti discendenti degli orrori che ci hanno preceduto e, per costruire un’autentica società civile, dobbiamo non cancellare mai dai nostri pensieri la parte più infausta e amara di ciò che siamo stati, dobbiamo tramandare alle nuove generazioni la consapevolezza che nella nostra natura di uomini ci sono anche terribili ombre sempre pronte a materializzarsi. Hitler ha raggiunto il potere tramite una regolare elezione politica e solo dopo, lentamente, ha trasformato la sua vittoria in una spietata dittatura. Questo è un fatto che nessuno di noi deve mai scordare.

Pertanto, per analizzare le logiche scellerate dell’Olocausto, mi sembra essenziale partire da un’analisi profonda delle testimonianze dei sopravvissuti ai lager. Testimonianze così sconvolgenti da sembrare irreali. Purtroppo però sono tutte storie di vita vissuta, di vita umiliata, di anime lese, che ho deciso di portare sul palcoscenico perché più se ne parla e più si costruisce un argine contro nuovi e pericolosissimi fenomeni nazionalistici, razzisti, xenofobi e di pulizia etnica che stanno resuscitando anche nella nostra “evoluta” Europa.

“Nulla è più nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga”.
Ancora frasi di Primo Levi. E il mio spettacolo avrà come motore interiore queste dolorose e possenti parole.

Giampiero Cicciò


Rassegna stampa

Gazzetta del sud (21.01.2012)