Palmi 31 luglio 2013

Spettacolo per Ragazzi – ore 18.00 Parco archeologico di Taureana

Il viaggio di Ulisse

lab-teatroRe di Itaca, figlio di Laerte (anche se una tradizione lo vuole figlio di Sisifo) e di Anticlea, sposo di Penelope, padre di Telemaco, Ulisse vorrebbe ritornare agli affetti familiari e alla nativa Itaca dopo dieci anni passati a Troia a causa della guerra(suo è l’espediente del cavallo di legno che permette di sbloccare la situazione), ma l’odio di un dio avverso, Poseidone, glielo impedisce. Costretto da continui incidenti e incredibili peripezie, dopo altri dieci anni, grazie anche all’aiuto della dea Atena, riuscirà a portare a compimento il proprio ritorno a casa. Le tappe del ritorno (in greco nostos) sono dodici, numero degli insiemi perfetti. Si alternano tappe in cui l’insidia è manifesta (mostruosità, aggressione, morte) a tappe in cui l’insidia è solo latente: un’ospitalità che nasconde un pericolo, un divieto da non infrangere. Ulisse continua a non riuscire a tornare a Itaca perché il dio Poseidone, adirato con lui, gli scatena contro venti furiosi e continui naufragi e pericolosi approdi in altre terre… Testo: Odissea di Omero L’Odissea è uno dei nostoi (o ritorni) che raccontano le avventure degli eroi omerici dopo la guerra, ma tra tutti questi poemi (in principio trasmessi oralmente) è certamente il più famoso. La fama del poema è certamente legata al suo personaggio principale che rappresenta, anche secondo la nozione comune, l’uomo moderno. Una caratteristica di Ulisse è certamente la tradizionale καλοκαγαθία (=benignità) eroica, l’essere di bell’aspetto ed eticamente virtuoso, cui aggiunge uno straordinario senso pratico e una grande curiosità che, unita al suo incredibile genio, lo rendono capace di risolvere ogni ostacolo con successo.

 

Flatlandia

chiaraguidiLettura drammatica e musicale di Chiara Guidi
dall’omonimo racconto fantastico a più dimensioni, pubblicato anonimamente nel 1882 scritto da Edwin Abbott Abbott (1838–1926)
tradotto da Masolino D’Amico
cura del suono: Marco Olivieri
organizzazione: Valentina Bertolino e Gilda Biasini
amministrazione: Simona Barducci, Elisa Bruno e Michela Medri
produzione: Socìetas Raffaello Sanzio

La figura geometrica di un quadrato incontra una sfera e intuisce, con sospetto, che possa esistere un mondo a tre dimensioni: alieno, inestricabile, inconcepibile. Tutto il racconto appartiene interamente a unaterra piatta, e con perfetta coerenza descrive l’ambiente e la vita di esseri schiacciati che neanche immaginano un’altra dimensione. Il linguaggio ritrae un mondo complesso, formato da un meccanismo coerente che diventa oggetto di conoscenza: il mondo del piatto. L’assurdità di un mondo mai considerato, è assorbita nella lucidità di una scrittura che descrive la realtà a due dimensioni. Così la pagina della scrittura, il suo spazio, la sua rappresentazione grafica, diventano letteralmente il mondo. L’ordine delle cose è descritto attraverso un apparato ottico bidimensionale da insetto o da batterio, che smantella in blocco la consueta certezza delle tre dimensioni della terra con le sue leggi. Se la curiosità scientifica si concentra piuttostointorno all’idea della quarta dimensione, Abbott indica lo straniamento dello spazio euclideo attraverso lo sgomento della seconda dimensione. La sua invenzione consiste in un’azione retrograda dello sguardo, che apre il portale delle percezioni su una via sottrattiva, imponendo un’idea poco più che astratta della corporeità. Questa “mancanza”, questo disconoscimento della più elementare delle leggi della fisica innesca in realtà una conoscenza parallela che corre radente sulla superficie delle cose, e cheappiattisce il pensiero per ritrovarlo al di fuori, al di là, della sfera umana. Non ci sono uomini in questo mondo. Ci sono punti, linee e piani, intensità e tensioni superficiali. C’è un puro spazio piatto, disumanizzato con acribia e metodo geometrico.È uno spazio del progetto, della mente, amputata e schiacciata dal rullo compressore. Una mente che, per questa stessa ragione, è in grado di sviluppare l’ottica sapienziale della visione. Sta a noi, persone umane, incredibilmente dotate di corpo (già, che cos’è un corpo?), capire la sospensione metafisica di quel momento in cui una sfera “cala” dall’alto per intersecarsi con il piano. Dobbiamo farlo, però, immaginandoci piatti, come figure ritagliate nella carta. Nel mondo di Flatlandia questo mondo non esiste. Siamo noi l’al di là. Siamo noi le “sfere”. E l’assurda affermazione di un mondo reale soltanto sulla carta fa sospettare che forse è il mondo dei corpi a essere davvero alieno. Il valore di questo paradosso consiste alla fine proprio in questo: nonc’era nessuna ragione valida per farlo. Ma per farlo è occorso il massimo della ragione. Tutto questo è uno specchio.